Chi mira il prossimo fuori del petto del Sal­vatore corre rischio di non amarlo puramente, né co­stantemente, né ugualmente; ma là dentro, chi non l’a­merà? Chi non lo sopporterà? Chi non avrà tolle­ranza per le sue imperfezioni? Chi potrà riputarlo sgarbato, o noioso?… Ora il nostro prossimo è pro­prio lì, nel sacro petto del Salvatore, tanto degno di essere amato, che l’Amante divino muore per lui d’amore.

S. Francesco di Sales, Tratt. Spirit.

Nell’ottobre del 1619 S. Francesco di Sales seppe di essere furiosamente calunniato a Parigi, in occasione di un matrimonio. Il sant’uomo ricevette tale comunicazione con l’ordinaria sua tranquillità di spirito, dicendo al Conte di Sales, suo fratello: “Mi si scrive da tutte le parti che, a Parigi, i Sigg. N. N. mi radono assai bene la barba, e che il loro rasoio è molto tagliente. Oh! viva Dio! Se la mia riputazione è utile al suo servizio il Signore la  difenderà; quanto a me, ne voglio solo quel tanto che occorre per questo.” Per edificazione però del prossimo e per la riverenza dovuta alla verità, non mancò d’illuminare sincera­mente i suoi amici circa la maniera con cui la cosa era avve­nuta; e non si possono abbastanza ammirare, nella sua corri­spondenza d’allora, la moderazione e la pace dell’anima sua fra quella furiosa tempesta. “Sono dolentissimo – egli scrive – del sollevarsi di tanta passione in un affare nel quale io ne ebbi sì poca. Quelli che mi conoscono sanno bene che non voglio nulla, o quasi nulla, con passione e violenza, e quando commetto qual­che fallo è per ignoranza! Vorrei peraltro guadagnare la buona grazia di quei signori in favore del mio ministero; ma, se non ci riesco, continuerò a camminare in esso, per infamia e buona fama, come seduttore e veridico.” Scriveva pure alla Madre di Chantal, allora a Parigi per la fonda­zione di un Monastero del suo Ordine: “Ho abbandonato alla Provvidenza dell’Altissimo tutti questi venti con­trari: che soffino, o si calmino, secondo che a Dio piacerà, men­tre la tempesta e la bonaccia sono per me indifferenti, e vi prego di non esser tanto tenera sul conto mio: bisogna pur volere che io sia qualche volta censurato; perché, se non lo merito per una cosa, lo merito per un’altra.”