Dio mio! può darsi cecità maggiore della no­stra?… Pieni di miserie e di abiezioni, vogliamo com­parire ed essere stimati più degli altri! Ma chi ne ac­ceca, se non il nostro amor proprio, che cieco egli stesso, non ha occhi per vedere la propria miseria e il nulla donde è uscito?… Certamente Dio ci fa una grazia gran­dissima quando c’illumina per conoscere la nostra a­biezione, poiché il conoscere le proprie miserie e i propri difetti è segno dell’interna conversione del cuore; e chi ben conosce se stesso non desidera di essere stimato, né si dispiace di esser tenuto per imperfetto e trattato come tale.

S. Francesco di Sales, Serm. Famil.

Il 4 settembre 1609 S. Francesco di Sales si trovava a San Giuliano, in viaggio verso Gex, dove doveva incontrarsi col Barone di Luz e conferire con lui per concludere alcuni affari in favore del ristabilimento della fede cattolica in quella pro­vincia. Le piogge abbondanti avevano gonfiato il Rodano, che in alcuni punti straripava; vi era mancanza assoluta di battelli e l’acqua cadeva ancora abbondantemente. Il Santo e quelli che l’accompagnavano si trovavano dunque nella dura necessità di tornare indietro e perdere l’occasione di quella confe­renza, o passare per la città di Ginevra, dove avrebbero corso i più gravi pericoli. Tutti si determinarono per il ritorno in Sa­voia, ma il Pastore vigilante, che non sapeva indietreggiare quando si trattava di servire Dio e il suo gregge, disse sorri­dendo: “Tutti avete dato la vostra sentenza, me ne vado a dir Messa e poi darò la mia.” Mentre celebrava parve rapito in Dio; tornato dall’altare, disse subito che voleva passare per Ginevra. I suoi compagni, in numero di dodici, gli domandarono come dovrebbero almeno rispondere quando sarebbero alla porta di Ginevra e qual nome dare al loro padrone. “Bisogna darmi il mio vero nome – disse il Santo – e dire semplicemente:  E’ il Vescovo della Diocesi.” Così fu fatto: il santo Vescovo, in abito prelatizio, entrò a Ginevra, le guardie alla porta d’in­gresso scrissero sul libro: Il Signor Vescovo della Diocesi, e siccome era l’ora in cui aveva luogo il sermone dei Ministri protestanti, durante il quale non si aprivano le porte della città, il Santo e il suo seguito restarono un’ora intera in un alloggio della Croce Bianca, aspettando che, finito il sermone, si aprissero le porte; allora tranquillamente uscirono dalla città, senza che alcuno di quegli accecati supponesse che il Vescovo della Dio­cesi fosse il Vescovo di Ginevra! Quando se ne accorsero, dettero nelle furie e, incolleriti, fecero anche stampare un libello d’in­vettive contro il sant’uomo, invitandolo a ripeter loro un simile gioco. Avvertitone, il Santo disse: “Io non ho usato astuzie, né inganno; sono passato in pieno giorno nella loro città e mi ci sono fermato abbastanza, senza cambiare né veste, né nome.” Giunto a Gex, il santo Prelato fu altamente biasimato dal Barone di Luz, per aver così azzardato la sua vita alla mercè di quella gente, tanto urtata dal suo zelo. “Eh! si – rispose egli – son passato sotto l’ombra del Signore, mio Dio, nel quale ho messo tutta la mia confidenza; del resto, essendo inu­tile la mia vita a quella povera gente, la mia morte non avrebbe loro apportato alcun bene; adesso benediciamo Dio, mentre non è più questione di paura per un pericolo scampato.” La giovialità, l’eguaglianza d’animo di quel buon Pastore rese tutti ammirati, poiché lo videro pronto a gettarsi nella mischia e nel pericolo solamente per difendere i diritti di Dio e della Chiesa.