L’inquietitudine è il maggior male che può avvenire all’anima, dopo il peccato; perché, siccome le sedizioni e i tumulti interni di una Repubblica la rovi­nano interamente e le impediscono di resistere ai nemici, così il nostro cuore, trovandosi turbato ed inquieto, perde la forza per mantenere le virtù acquistate e resistere alle tentazioni del nemico, il quale fa allora ogni sforzo “per pescare – come suol dirsi – nell’acqua torbida.”

S. Francesco di Sales, Filotea, Parte 4, Cap. 2.

Il 10 luglio 1609 S. Francesco di Sales, che a guisa di sole spargeva dovunque la sua luce, per commissione Apostolica e dietro invito del Senato di Chambéry, si portò a Talloires, onde riformare quell’antico Priorato, fondato in onore della Beata Vergine Maria e ad incremento dell’Ordine benedettino, da Ro­dolfo, ultimo Re di Borgogna, l’augusta consorte del quale erasi perfino occupata di preparare, con le sue mani, preziosi orna­menti sacri per il servizio di quella chiesa.

Il Priorato di Talloires trovasi alle falde di un monte sulla riva del Lago d’Annecy, e il nostro santo Vescovo provava una meravigliosa tenerezza per quel pio luogo, congiunta al vivo dispiacere di vedervi scaduta la disciplina religiosa, per negli­genza degli Abati commendatari. Ne aveva scritto al Papa Paolo V, dal quale ricevette commissione di occuparsi della ne­cessaria riforma. Ad imitazione di Gesù Cristo, che insegnò ai suoi Apostoli di esser dolci ed umili di cuore, per occuparsi nella conversione e riforma del mondo, l’umile e mansueto Francesco, per meglio riuscire in quest’opera e condurre ogni cosa con la forte dolcezza dello spirito di Dio, non volle far nulla di propria autorità, e se ne occupò solo come Vicario dell’Abate de Savigny. Costui, contentissimo della commissione Apostolica data a Francesco, gli trasmise tutta la sua autorità per correggere e riformare il Monastero. Il Santo, avendo riunito il Capitolo nell’Abbazia di Talloires, tenne una bellissima esortazione ai monaci e dimostrò ad essi l’eccellenza della loro vocazione, la perfezione di vita che per parecchi secoli aveva illustrato il Monastero ed il deplorevole stato della loro presente situazione. Tutto il discorso si aggirò su questi tre punti, ma parlò con tanta forza di spirito, da commuovere il cuore dei monaci, la maggior parte dei quali promise di convertirsi. Eppure quante fati­che e quante pene doveva costare al santo Prelato questa riforma!

Il Padre Luigi de Coëtz, che allora venne eletto Priore e morì poi in età di 87 anni, fece in proposito una bella ed ampia deposizione negli ultimi processi per la Canonizzazione del santo Vescovo, assicurando che compariva egli nel loro chio­stro, tutte le volte che li visitava, come un Angelo dei Para­diso, con la modestia, la pietà e la regolarità di San Benedetto, dicendo loro qualche volta amabilmente: «Eh! fratelli miei, per amore di San Benedetto, nostro Padre, ritorniamo, ritorniamo all’osservanza, non gli togliamo la gloria accidentale che a lui deriva dalla pratica della sua Regola, e non permettiamo a chi si compiace pescare in acqua torbida di prendere la sua ere­dità». Questo aggiungeva, perchè alcuni personaggi interessati desideravano avere quel Priorato, separandolo dall’Ordine di San Benedetto, al quale il santo Vescovo seppe conservarlo con la sua equa e prudente carità.