Non vorrei che si desiderasse di possedere migliore spirito e miglior giudizio, perchè questi sono desideri vani e occupano il posto di quel solo desiderio che ognuno dovrebbe avere di coltivare il proprio spirito, tale, quale gli è stato dato; neanche vorrei che si desiderassero quello stato e quella maniera di ser­vire Dio che non si hanno; ma che si adoperasse fedel­mente quello che si ha. Non desiderate le croci, se non a misura del coraggio col quale avrete sopportato quelle che vi saranno state presentate: è abuso desiderare il martirio e non aver forza di sopportare un’ ingiuria! Il nemico ci presenta spesso grandi desideri di cose as­senti, per distrarci dalle presenti, con le quali, per pic­cole che siano, potremmo fare gran profitto.

S. Francesco di Sales.   Filotea, P. 3, cap.27              


Il 12 giugno 1593, sabato vigilia della SS. Trinità, S. Fran­cesco di Sales ricevette l’Ordine del Suddiaconato e Monsignor de Granier, volendo dimostrare la sua gioia in un giorno di tanto gaudio per la Chiesa, invitò a pranzo tutta la famiglia di Sales. In questa occasione Francesco si dimostrò amabile come sempre: “Sembrerebbe, Monsignore – disse con grazia al Ve­scovo – ch’io sia, in questo giorno, un figliuol prodigo al suo ritorno nella famiglia sacerdotale, poiché m’imbandite un ban­chetto d’allegria”. – “Siete il mio figlio – riprese il Vesco­vo – sul quale il Signore ha versato con profusione le sue grazie: fra breve mi sarete qualche cosa di più. Intanto vi prego di predicare alla Cattedrale giovedì prossimo, festa del SS.mo Sacramento”. – “Eh! Monsignore – riprese Francesco – co­me suddiacono non ne ho diritto; e, come novizio nello stato ecclesiastico, non ne sono capace”. – “lo voglio così – sog­giunse il Vescovo – e il santo suddiacono, inchinandosi profon­damente, riprese: “Poiché me lo comandate, ubbidirò: In Verbo tuo laxabo rete; ma se me ne disimpegno malamente biso­gnerà incolparne il vostro comando”. Si mise all’opera: grazie alle sue doti naturali, alle cognizioni acquisite e, più di tutto, alla sua grande pietà verso la Divina Eucarestia, il sermone fu presto composto. 

Lo stesso giorno (12 giugno del 1608) spinto sopranna­turalmente, S. Francesco di Sales si portò a Tonone nello Chablais: “Ero spinto, sollecitato ad andarvi – egli dice – senza comprendere distintamente lo scopo di quel viaggio; sentivo però che Dio lo voleva”. Quando fu arrivato conobbe la santa volontà di Dio, poiché trovò subito due insigni ecclesiastici, la gioventù e il libertinaggio dei quali avevano così assoluta­mente trionfato, da precipitarli nel Calvinismo, uno era di Salex in Provenza, l’altro di Verdun. Le due pecorelle smarrite si sentirono attirate verso il santo Pastore, ed egli le avvicinò tanto amichevolmente, che si gettarono tra le sue braccia: al­lora Francesco le ricevette come padre, le istruì come maestro, le accarezzò come amico e le corresse come pastore. Per lungo tempo tenne con sé questi due sacerdoti, ed avendoli convertiti ed assolti, fece e procurò loro tutto il bene possibile, material­mente e moralmente. Raccontando il fatto, il Santo soleva dire che quel viaggio di Tonone era stato il più felice da lui fatto in vita sua, non solo perchè spintovi dal solo movimento di Dio, ma ancora perchè il racconto franco ed ingenuo che quei due sacerdoti gli avevano fatto della loro vocazione, della loro ca­duta e della loro conversione gli aveva fornito grandi lumi per la direzione dei giovani e avealo soavemente confermato nella propria vocazione; così il santo Vescovo faceva tutto convergere al suo avanzamento nella virtù.