La devozione è la dolcezza delle dolcezze, è la regina delle virtù, perché è la perfezione della carità. Se la carità è un latte, la devozione ne è la crema; se la carità è una pianta, la devozione ne è il fiore; se la carità è una gemma preziosa, la devozione è il suo splendore; finalmente, se la carità è un balsamo odoroso, la devozione ne è la fragranza, e fragranza di tanta soavità, che conforta gli uomini e rallegra gli Angeli.
S. Francesco di Sales, Filotea, Parte 1, Cap. 2.
Da parecchi mesi S. Francesco di Sales aveva confidato a suo cugino Luigi di Sales, canonico della Cattedrale di Ginevra, le sue aspirazioni verso il sacerdozio. Tuttavia, il 9 maggio 1593, pensò parlargliene di nuovo, per dirgli che era ormai deciso di dichiarare apertamente la sua risoluzione ai genitori, e liberarsi così dall’importuna pressione dei parenti per la sua sistemazione nel mondo. Fu tutto stupito nel sentirsi rispondere dal cugino, che, prevedendo la difficoltà di ottenere il consenso del padre, gentiluomo di mondo, senza che sperasse per lui una carica onorevole nella Chiesa, da tempo ne aveva trattato col Rev.do de Ronys, pure canonico della Cattedrale, arrivato quel giorno stesso al Castello de la Thuille, e che insieme avevano ottenuto per lui la Prepositura vacante della loro Chiesa. Lo stupore del Santo fu uguagliato dalla sua confusione, nel vedersi oggetto della Provvidenza di Dio e della bontà dei suoi amici, onde abbassò gli occhi, alzò il cuore a Colui che conduce tutte le cose, e risolvette di parlarne subito al padre, col quale – secondo la deposizione di Luigi di Sales nel processo del 1627 – si espresse così: “Vengo, signore, a domandarvi una cosa, una cosa tale, che, se vi piace accordarmela, non vi domanderò più nulla.” Il padre rimase interdetto, supponendo trattarsi di qualche prerogativa in ordine al matrimonio che gli era stato proposto; perciò rispose con la sua saviezza diplomatica e la sua paterna autorità: “Amico mio, potreste domandarmi una cosa tanto pregiudizievole ai vostri fratelli, che mi fosse impossibile accordarvela!” – “No, padre mio – riprese modestamente Francesco – la mia domanda non è altro che il vostro consenso per abbracciare il sacerdozio.” Luigi di Sales, facendosi allora avanti, disse al padre: “Ecco le Bolle di mio cugino, in data del 7 marzo ultimo scorso, con le quali il Santo Padre Clemente VIII lo fa Prevosto della nostra Cattedrale.” Il buon vecchio non sapeva che rispondere, e tutti restarono in silenzio. Poco dopo, tra il padre, la madre, il figlio, il cugino e il canonico de Ronys vi furono grandi ragionamenti e repliche, che poi finirono con il consenso accordato al nostro Santo. Dalle ammirabili ragioni e generose risoluzioni del figlio conobbero i genitori che sarebbe inutile opporsi al suo pio disegno: “Ahimè! – diceva la madre – bisognerà dare il consenso a questo figlio di seguire la voce di Dio che lo chiama, altrimenti ci farà come S. Alessio e S. Bernardo di Menthon, fuggendo via di casa, quando crederemo averlo impegnato nel mondo. Il padre, tutto in lacrime, gli disse: “Ebbene, figlio mio, fate in nome di Dio quello che dite esservi da Lui ispirato; io da parte del Signore vi do la mia benedizione.” Detto questo si nascose prontamente nel suo gabinetto; e il santo giovane, cadendo in ginocchio, esclamò ad alta voce: “Adesso che ho ottenuto quello che ho tanto desiderato, nessuno al mondo potrà mai rapirmi dalle mani del mio Dio.”
I canonici de Sales e de Ronys gli dettero il bacio di pace e, senza voler essere testimoni delle lacrime della famiglia, s’imbarcarono prontamente sul lago per ritornare ad Annecy e pubblicare le Bolle.