Vediamo un poco se sul nostro monte Calvario, cioè sul nostro intelletto, abbiamo la fede viva della Croce, che vi fu piantata nel battesimo, oppure vi abbiamo collocato qualche idolo fabbricato dalla nostra fantasia; se nella memoria, dove fu posta la speranza, abbiamo forse messo il simulacro di Adone, e se nella volontà, dove Iddio mise la carità, abbiamo introdotto la vanità e l’amore delle cose terrene: ad imitazione di Sant’Elena, togliamo via queste maledette figure, per innalzare di nuovo la Croce, dicendo con l’Apostolo: “Non sarà mai che mi glori in altro, che nella Croce del mio Signor Gesù Cristo.”
San Francesco di Sales, Sermon. famil.
Il 3 maggio 1603 S. Francesco di Sales assistette alla solennità che si faceva a Carmagnola per la festa di S. Giovenale. Monsignor Ancina cantò la Messa e all’offertorio invitò S. Francesco di Sales a salire in pulpito, essendo stato costume degli antichi Vescovi, quando si visitavano, di predicare al popolo. Francesco acconsentì volentieri, salì in pulpito e trattò delle lodi della S. Croce, appropriandole al SS. Sacramento dell’Altare, con tanta eloquenza, energia e pietà che attirò tutti i cuori. Fece il suo prologo in italiano, ma, mentre recitava la salutazione angelica, Monsignor Ancina gli mandò a dire di predicare pure in francese, perché il suo popolo parlava ancora quella lingua, essendo pochissimo tempo che il Marchesato di Saluzzo era stato unito al Piemonte. Allora l’apostolico Prelato cambiò linguaggio e finì la predica in francese, con edificazione di tutti, che non sapevano cosa ammirare di più in lui, se la dottrina, o la santità, dopo una prova tanto grande della sua sottomissione e della sua umile condiscendenza.
Terminato l’ufficio, i due Vescovi s’incontrarono all’uscire dalla chiesa e, colmandosi di gentilezze, Ancina disse molto graziosamente a Francesco queste parole latine: “Tu vere sales”, facendo allusione al suo nome di Sales, e Francesco, alludendo al titolo di Saluzzo, non meno graziosamente riprese: “Imo tu sal et lux es, ego vere, neque sal, neque lux”, cioè: “Voi, Monsignore, siete veramente sale e luce insieme, ed io non sono né l’uno né l’altro.”
D’allora in poi, queste parole servirono di divisa ai due Prelati, quando con affetto fraterno si scrivevano scambievolmente. Si separarono infine con dispiacere, tanto erano uniti coi legami della santità. S. Francesco continuò il suo pellegrinaggio e si recò a visitare la SS. Vergine nel Santuario di Mondovì dove Iddio dispensa, per intercessione della Madonna, tanti miracoli.