Vorrei che considerassimo qualche volta una quantità di beni interni ed esterni, e nello stesso tempo un numero non meno grande di pene interne ed esterne, che la Provvidenza divina ci ha preparato, secondo la sua santissima Giustizia e la sua grande Misericordia, e che, aprendo in certo modo le braccia del nostro consenso, abbracciassimo tutto questo amorosamente, col dire: “Signore, sia fatta la vostra Volontà in terra, dove non abbiamo nessun piacere, senza dolore; nessuna rosa, senza spine; nessun giorno, senza notte; nessuna primavera, senza precedente inverno; dove sono rare le consolazioni e innumerevoli i travagli; con tutto questo, sia fatta, Signore, la vostra Volontà.”
San Francesco di Sales, Teotimo, Parte 2, Lib. 3, Cap. 1.
Una volta, il 4 aprile, S. Francesco di Sales assisteva ad una pubblica tesi di filosofia, presieduta da un vecchio dottore; nel forte della disputa, un avvocato sostenne tanto bene e con tanto ardore un argomento, che il vecchio Presidente si trovò smarrito. Allora il santo Vescovo prese modestamente la parola e, con un amabile artificio, spiegò la difficoltà che imbarazzava il buon vecchio. Stizzito l’avvocato, per veder annullato il suo argomento, disse con vivacità che quella distinzione non si era mai udita. Con ammirabile dolcezza Francesco rispose: “Può darsi, Signore, che non l’abbiate mai intesa per il passato, ma d’ora innanzi potrete dire d’averla intesa.” E vedendo l’altro sempre più incollerito, non si ostinò a replicare, ma disse, con prudente modestia, agli astanti: “Non bisogna stupirsi del risentimento di questo brav’uomo; i dotti sono soggetti, come gl’ignoranti, alle passioni umane, ma la saviezza deve soffocarle. Il buon Presidente venne poi, in particolare, a ringraziare il suo Vescovo d’aver salvato – come egli diceva – l’onore d’un povero vecchio, che aveva quasi dimenticato i sofismi della scuola; ma il Santo, sempre umile, rispose: “Non mi dovete nessun ringraziamento; è obbligo dei giovani di aiutare i vecchi, come è stato obbligo dei vecchi di sostenere noi nelle debolezze della nostra infanzia: questo è il fare del mondo ragionevole e la regola della divina Provvidenza.