Non applico mai il pensiero all’eternità senza molta soavità di cuore, perché rifletto: come 1’anima mia potrebbe estendere il suo pensiero a tale infinità, se non avesse qualche proporzione con essa? Certamente quella potenza che aspira ad un oggetto bisogna che abbia qualche sorta di convenienza con lui; ma quando mi accorgo che il mio desiderio corre dietro al pensiero dell’eternità, il mio piacere di molto si accentua, sapendo bene che non desideriamo mai, con forte desiderio, una cosa impossibile. Dal mio stesso desiderio sono dunque assicurato che posso pervenire all’eternità beata… e che altro mi resta, se non sperare di possederla? E questo mi è concesso per la cogni­zione che ho dell’infinita bontà di Colui, il quale non avrebbe creato un’anima capace di pensare e di tendere all’eternità, se non avesse voluto somministrarle i mezzi per arrivarci.

San Francesco di Sales, Lett. spirit.

 

Il 29 dicembre 1622 venne aperto il cadavere di S. France­sco di Sales per imbalsamarlo: la fama di santità del defunto Prelato era già tanto estesa e profondamente sentita, che fu un accorrere di gente da tutte le parti per ottenerne qualche reli­quia. Tutto il sangue che trasse fuori l’operazione venne accu­ratamente raccolto in pannolini portati dagli suoi pii ammiratori, e si giunse perfino a raschiare la tavola e il pavimento della camera, dove erano caduta qualche goccia: quanto gli era ser­vito nell’ultima malattia fu raccattato e conservato preziosa­mente, e con queste reliquie si ottennero in seguito parecchie guarigioni prodigiose. Fu rinvenuta la vescica del fiele disseccata e 1’umore bilioso convertito in trecento pietruzze della gros­sezza di un cece, rotonde, triangolari, o faccettate, dorate, o smaltate in diversi colori; e tutte disposte l’una dopo l’altra, a guisa di rosario. Questo fatto venne dai medici attribuito alla violenza con cui il santo Vescovo aveva sempre, in vita sua, rintuzzata la collera, e fece noto a tutti come quella costante mansuetudine, quella dolcezza conquistatrice, tanto in lui ammirata, lungi dall’essergli connaturale, era frutto di diuturna virtù!