Considerate il piccolo Bambinello tremante di freddo in una grotta, fasciato solo con pochi e po­veri panni! Ah! come tutto è povero, vile ed abbietto in questo parto, e noi siamo tanto delicati, attaccati alle nostre comodità e quasi amanti della sensualità! Bisogna molto eccitare in noi il disprezzo del mondo e il desiderio di patire abbiezioni, povertà, incomodi e strettezze per il nostro Salvatore.

San Francesco di Sales, Lett. spirit.

 

Da quando il suo spirito fu miracolosamente guarito dalla Madonna, nella chiesa di S. Stefano dei Greci a Parigi, S. Fran­cesco dì Sales professò sempre grandissima devozione verso il santo Protomartire.

Durante la sua missione nello Chablais predicò una volta, in questo giorno, nella chiesa situata al basso della fortezza des Allinges e si trovarono presenti solo sette persone, fra le quali un Procuratore di Tonone, convertito di fresco, ma che, non ancora confermato bene nella fede cattolica, aveva deciso di tornarsene al suo ginepraio di Ginevra: stando in questa risolu­zione, intese quel giorno sonare la predica, alla quale sapeva che nessuno osava portarsi per la proibizione dei calvinisti; egli però entrò in chiesa, per curiosità, dicendo fra sé: “Se questo prete predica per Iddio, verrà a predicare a questa po­vera e poca gente, ma se predica per dar ansa al suo amor proprio, la sua religione non ha fondamento, e quindi se ne andrà a cercare più numeroso uditorio, ed io pure me ne andrò a Ginevra.” Così pensava quest’uomo, e così depose l’anno 1627, nei processi preliminari della Canonizzazione del nostro Santo. Mentre pensava in tal modo, il giovane Apostolo comparve in pulpito e predicò meravigliosamente sulla fede e carità di Santo Stefano. Tocco nel più intimo del cuore, quel buon uomo si gettò in terra, piangendo e singhiozzando; il predicatore, supponendo gli fosse venuto qualche male, scese dal pulpito e gli si avvicinò, con molta grazia e carità, per soccorrerlo. “Ahimè, signor Prevosto – disse il Procuratore – terminate il vostro sermone, sono malato nell’anima; dopo la predica, vi dirò tutti i miei mali.” Il Santo finì il discorso, e il Procuratore venne a trovarlo, abiurò nuovamente l’eresia, fece una buona confessione e divenne un costante assertore delle verità della Chiesa romana, soprattutto dell’articolo dell’invocazione dei Santi.

Questo stesso giorno, nel 1622, antivigilia della sua morte, il santo Vescovo si portò verso sera dalle sue figlie della Vi­sitazione e dichiarò che parlava loro per l’ultima volta: “Mie care figlie – disse – bisogna andarsene; vengo a gustare, per l’ultima volta, la consolazione che mi dà la vostra virtù”. Il trattenimento si protrasse per due ore; verso le sette i suoi do­mestici vennero a prenderlo con le fiaccole accese, facendogli riflettere che era molto tardi: “Passerei volentieri qui tutta la notte, senza pensarvi – disse – ma l’ubbidienza mi chiama e bisogna ritirarsi”. – “Diteci prima, Monsignore, – soggiunse la superiora – che cosa desiderate ci resti più impressa nello spi­rito?” – “Mia cara figlia – rispose – non domandate nulla e non rifiutate nulla : questa parola dice tutto… Vedete il Bambinello Gesù nel presepio? Egli riceveva la povertà, la nudità, la compagnia delle bestie, il freddo, le ingiurie del tempo e tutto quello che il Padre celeste permetteva. Non si legge che stendesse mai le manine per domandare qualche cosa, ma si ab­bandonava in tutto alla cura della Mamma sua. Non ricusava neanche i piccoli sollievi che Essa gli dava, e riceveva i servizi di S. Giuseppe, le adorazioni dei Magi e dei pastori con eguale indifferenza : così dobbiamo far noi, non ricusando nulla e non desiderando nulla, ma procurando di ricevere egualmente tutto quello che a Dio piacerà di mandarci”.