Andate alla sacra grotta, dove il nostro Salvatore c’insegna tante virtù col suo silenzio; e che cosa non ci dice tacendo?… Mentre si strugge d’amore per noi, il suo piccolo Cuore dovrebbe veramente infiammare il nostro. Vedete quanto amorosamente porta scritto il vostro nome in fondo a quel Cuore divino, che palpita sulla paglia per l’affettuosa passione del vostro avanzamento nella virtù, e non manda un sol sospiro verso il Padre suo, nel quale voi non abbiate parte, né una sola aspirazione, che non sia per il vostro bene. La calamita attira il ferro e l’ambra la paglia e il fieno; quanto a noi, o siamo ferro per durezza, o paglia per fragilità, ci dobbiamo unire a questo Divin Bambinello, che è un vero tira cuori.
San Francesco di Sales, Lett. spirit.
Nel 1596 S. Francesco di Sales passò la notte e il giorno di Natale nella chiesa di S. Ippolito a Tonon, da lui strappata dalle mani degli eretici. Offrì il primo sacrificio in quel Tempio purificato, e può dirsi che, come i Maccabei, antichi zelatori della legge di Dio e del Tempio santo, egli pure lo aveva ristabilito con la spada in una mano e l’acquasantiera nell’altra, avendo dovuto combattere la malizia spirituale degli eretici e l’avarizia temporale dei Ministri di Ginevra e di Berna, usurpatori dei benefici ecclesiastici dello Chablais. Erano settant’anni da che l’eresia, avendolo profanato, possedeva quel tempio; ora il nostro valoroso Apostolo, in questa occasione, poté confessarvi e comunicarvi quasi ottocento convertiti: vi celebrò le tre Messe, a mezzanotte, all’alba e sulle ore dieci; vi tenne pure un sermone evangelico, narrando semplicemente il Mistero della Natività di Gesù Cristo, con alcune devote riflessioni morali; il quale riuscì tanto utile e fu tanto benedetto da Dio, da procurargli parecchi neofiti.
Da che fu sacerdote, il nostro santo Vescovo non lasciò mai passare la solennità del Natale senza predicare, e spesso teneva due sermoni: uno la notte e l’altro il giorno, possedendo un’ammirabile destrezza e soavità per parlare della Nascita del Salvatore.
Nel 1622, tre giorni prima della beata sua morte, in questa solennità di Natale, dopo aver celebrato la sua seconda Messa nella chiesa dei Domenicani, tornò alla Visitazione, per celebrarvi la terza, ma trovò il cappellano sul punto di salire all’altare; naturalmente il buon sacerdote voleva cedergli il posto, ma egli non volle e disse con grazia esser vantaggioso per lui avere un po’ di tempo per raccogliersi; e in un cantuccio della chiesa ascoltò in ginocchio le tre Messe del cappellano, per cominciare la sua verso mezzogiorno. Nel pomeriggio presiedette la cerimonia di Vestizione di due novizie, predicando sulle parole dell’Epistola del giorno: «Rinunziamo all’empietà e ai desideri del secolo, per vivere con sobrietà, giustizia e santità su questa terra… » Poi, dopo un po’ di riposo, si portò a salutare la Regina Madre Maria de Medicis, che partiva l’indomani e, malgrado una grande stanchezza, non poté lasciare la Corte che a notte inoltrata.