Se abbiamo un po’ d’amore verso Dio a Lui solo se ne deve l’onore e la gloria, poiché Egli ha fatto tutto in noi e, senza di Lui, non è stata fatta cosa alcuna: a noi ne rimane l’utilità e il debito della gratitudine, mentre la divina Bontà vuole aggiustare le cose in modo da lasciare a noi tutto il frutto dei suoi benefici, e riservarne per sé solo la lode e l’onore. Certamente, essendo noi un puro nulla senza la grazia di Dio, non dobbiamo esistere che per gloria sua.
San Francesco di Sales, Teotime, Parte 1, Lib. 4, Cap. 6.
Il 13 dicembre 1620 San Francesco di Sales, sebbene malato e febbricitante, non lasciò di partire da Annecy, per portarsi ad assistere in morte l’abate di Sixt, che aveva bisogno di un medico spirituale per metter ordine alla salute e salvezza dell’anima sua, come fece, con tanta benedizione di Dio che tutti ne furono edificati. Quel buon vecchio era solamente Diacono, perché mai aveva voluto ascendere al Sacerdozio: dopo aver fatto col nostro Vescovo una generale rivista di tutta la vita, si fece condurre in chiesa, dove, indossata la cotta, ascoltò la Messa e ricevette la santa Comunione dalle mani dello stesso Vescovo, tenendosi poi fino alla morte nelle più edificanti disposizioni. Sul punto da partire d’Annecy, per il freddo eccessivo che faceva e per la malattia che lo travagliava, si voleva impedire al nostro Santo di montare a cavallo; ma egli disse graziosamente: “Avete ragione di trovar poco ben fatto che io monti a cavallo… se fossi un Pastore fervoroso nell’amore del mio Signore, mi slancerei a piedi fra i ghiacci, per correre in soccorso della mia pecorella in pericolo; ma bisogna pur benedire la Bontà del nostro Padrone, che, compassionando la mia debolezza, mi permette l’uso di un cavallo”. In questo modo vinse la resistenza dei suoi amici, e corse a compiere il suo ufficio di buon Pastore.